Il bambino fantasma

Ognuno ha i propri posti del cuore, quelli di cui si tengono dentro i rumori, gli odori e le sensazioni per tutta la vita,
quelli che riconosci non con gli occhi ma col cuore.
Io, per ora, ne ho quattro, e ne sono geloso.
Ma siamo in un AltroQuando fatto di storie, e non posso esimermi dal raccontare la Storia del Bambino Fantasma.
Prima però, devo parlarvi del luogo dove si svolsero i fatti.
In un punto imprecisato e segreto fuori la Città Eterna, conosciuto solo da una ristretta cerchia di iniziati, si estende un meraviglioso e tetro bosco.
Arrivarci non è semplice, in alcuni tratti sembra di scendere verso la porta dell’Inferno, ma se si ha la fortuna di salvare l’asse della macchina,
la ricompensa per gli occhi è tanta.
Scordatevi i cellulari, il mondo moderno, la tranquillità di Via del Corso. Qui c’è solo la selva selvaggia, aspra e forte, che nel pensier rinnova la paura!
D’estate le chiome degli alberi creano ombra ovunque, dando una forte sensazione di mistero. In inverno gli alberi sono spogli e danno direttamente una bella sensazione di morte.
Insomma un posto per tutte le stagioni.
Ora immaginatevi di andarci da soli, al mattino poco prima dell’alba, con la nebbia che avvolge tutto. Un paradiso.

Una volta, appena arrivato, scesi dalla macchina e mi avviai tra la vegetazione di buon’ora, quando, tra la nebbia e gli alberi contorti ricoperti di muschio verde, apparve davanti a me un enorme frate
barbuto con un grosso bastone in mano. Dalla paura mi sono venuti i capelli bianchi, e io manco ce l’ho i capelli!.
Il simpatico Fratone mi passa accanto senza dire una parola e se ne va’,
Ho sperato fortemente facesse parte di un gioco di ruolo in costume. E ancora lo spero, dato che nel parcheggio c’era solo la mia macchina e non vidi altri “giocatori”.
Ma a parte questi piccoli inconvenienti, questo posto è davvero speciale. Appena arrivati si sente il rumore del ruscello che ci accompagnerà per tutta la visita, poco più avanti un gorgoglio di acque sulfuree
esce da una cavità nel terreno, per riversarsi in una piscina naturale, dove ho avuto il piacere di fare numerosi bagni. Fino a quando un giorno arrivai e vidi tutto circondato con nastri tipo CSI Miami e la scritta
“GAS VELENOSI PERICOLO DI MORTE”. Oggi non ci sono più i nastri, ma rimane l’inquietante scritta.


Proseguendo troviamo dei tavoloni in legno per fare pic-nic in famiglia, magari insieme al fratone, più avanti si passa accanto ad un vecchio magazzino abbandonato e qui si inizia a sentire forte il rumore di una cascata, che compare di lì a poco.
La bella cascatella si getta dentro un grande bacino, dove si può fare il bagno, ma vi avviso, l’acqua è cosi fredda che vi si geleranno i pensieri.
Arrampicandosi e passando per un antica porta romana, o quel che ne rimane, si può raggiungere la cima della cascata, e volendo i più coraggiosi
possono provare l’ebbrezza del tuffo, ma ad oggi questa impresa conta 12 tentativi e 13 decessi.


Spostandosi dall’altra parte del fiume tramite un ponticello si arriva all’entrata del bosco vero e proprio.
Ogni tanto portavo con me il metal detector (…si ho un metal detector e anche un K2 per rilevare i fantasmi…sono un disagiato) e mi divertivo a cercare qualcosa che appartenesse al passato,
qualche tesoro che quasi sempre si rivelava un tappo di Peroni.
Una volta trovai una cosa, incrostata e in parte arrugginita.
Tutto orgoglioso la presi, ma durante il tragitto di ritorno mi salì la paranoia che potesse essere maledetta, quindi la buttai lontano per scacciare qualunque eventuale demone.
Diciamo che il metal detector non fa per me.
Il bosco in tutta questa parte è in realtà un canyon scavato dal fiume, non c’e’ nessun sentiero, quindi bisogna trovare un passaggio tra rocce, alberi e cinghiali.
Si può passare nella parte alta, più facile, o nella parte che costeggia il fiume, più bella ma molto complicata che si trova tra i 4 e i 10 metri più in basso.
Se si è silenziosi, la mattina presto si possono vedere simpatiche famigliole di cinghiali abbeverarsi lungo le sponde, o cavalli bradi, in casi stupefacenti anche orsi e unicorni.
Tutto è rivestito di verde smeraldo, gli alberi contorti formano delle figure fantastiche, durante i diversi mesi dell’anno si possono vedere fiori bellissimi, insomma vale veramente la pena incontrare
il frate col bastone.


Ma veniamo al vero motivo di questo racconto. Il bambino fantasma.
Un giorno decido di andare a perdermi nel mio bosco per fare qualche foto, nulla di eclatante, doveva essere una cosa tranquilla quindi preparo il minimo di attrezzatura e decido di mettermi i bellissimi jeans
di marca nuovi fiammanti comprati il giorno prima.
Mi avvio, scendo verso la porta dell’inferno e mi addentro verso l’ignoto.
E’ una splendida giornata uggiosa, ottima per qualche scatto, certo c’e’ molto fango ma cerco comunque di salvare i miei jeans dato che le scarpe ormai sono andate.
Mi perdo nella parte bassa vicino al fiume, contemplando i resti del ponte romano, vado più avanti arrampicandomi tra le rocce, cammino sopra alberi caduti, sono semplicemente felice.
Tutto intorno però è stranamente silenzioso, non si sentono neanche gli uccelli.


Ad un tratto, distintamente sento una voce dire “Mamma”.
Mi si gela il sangue. Mi fermo e mi guardo intorno. Non c’e nessuno. Solo silenzio.
Dopo qualche momento di blocco mentale ricomincio a camminare, passa qualche secondo e ancora “Mamma”
Una voce flebile, come quelle bambole paurosissime che parlano se tiri la cordicella.
Ho paura, vorrei avere vicino Rocky Joe, l’ Uomo Tigre e Iron Man… poi mi ricordo che sono tutti morti e mi viene ancora più paura.
Inizio a pensare che potrebbe esserci qualcuno in pericolo, probabilmente un bambino, o il fantasma di un bambino, quindi mi fermo per capire da dove possa venir la voce.
Ma il silenzio avvolge tutto. Continuo a camminare e ancora la voce misteriosa torna a farsi sentire ma in lontananza.
Torno sui miei passi, ora a cadenze lunghe ma regolari la voce continua a ripetere mamma, ma sembra provenire da tutto intorno a me, sembra avvilupparmi.
Fantasma o no dovevo vederci chiaro, sono pur sempre un discendente di Eusabia Palladino.
Mi guardo intorno, ma vedo solo rocce e alberi, quando ad un tratto capisco da dove proviene la voce. Dall’alto.
Alzo gli occhi e a 5-6 metri sopra di me, aggrappato a uno sperone di roccia, vedo un bambino.
Avrà 7, forse 8 anni, indossa solo un costumino strappato, scalzo, sporco di terra e con la faccia impaurita.
Mi blocco e gli dico di stare tranquillo, di non muoversi, che lo avrei aiutato. Ma lui non mi risponde

E’ sicuramente caduto dalla parte alta del piccolo canyon, e per fortuna si è fermato su quello sperone.
Mi tolgo lo zaino e comincio ad arrampicarmi, continuando a ripetere al piccolo di stare tranquillo e di non muoversi per nessun motivo.
Arrivato a un metro da lui, forse preso dal panico, il bambino prende e si lancia.
Mi stacco con le mani dalla parete, cerco di prenderlo.
Ancora non riesco a dirlo e mi fa male solamente ricordarlo, non ho ancora superato questo trauma.
Purtroppo anche mettendocela tutta i miei jeans nuovi si sono completamente strappati, una ferita che porto ancora nel cuore.
Riuscii a prendere l’ignobile pargolo, lo strinsi a me, e facemmo più di 5 metri in scivolata lungo la parete.
Arrivati alla fine della discesa lo guardai meglio, era tutto pieno di piccoli graffi, e non capivo come fosse riuscito ad arrivare fin lì scalzo.
Gli ho chiesto come si chiamasse, dove fossero i suoi genitori, ma lui non rispondeva, cominciò invece a camminare verso l’uscita del bosco girandosi ogni tanto per guardarmi.
Lo avrei voluto accompagnare fuori, poi mi venne in mente l’immagine di me che uscivo dal bosco con i pantaloni strappati, un bambino seminudo
e come unico mio testimone il Fratone Barbuto!
Quindi lo seguii da lontano. Arrivati fuori si diresse verso una radura e lì, tranquilli, c’erano la mamma che sbraciava e il papà su una sdraio a leggere il Corriere dello Sport.
La mamma quando lo vide disse solamente “ma dove sei stato”, mentre il papà abbassando il giornale, esclamò “guarda come te sei ridotto”, per poi scomparire di nuovo dietro le pagine sportive.
Passai accanto a questa scena, col bambino che mi guardava silenzioso mentre la madre lo ripuliva. Avevo voglia di spaccare tutto, di dirgli che cosa aveva rischiato loro figlio, ma avevo paura di quello che
poteva raccontare il ragazzino. Me ne andai, lanciando un’occhiataccia a vuoto.


Tornando alla macchina pensai come fosse stato tutto così assurdo! Come si possono rovinare in quel modo un paio di meravigliosi jeans nuovi! Dove andremo a finire. E soprattutto, il frate, che fine aveva fatto?
Me ne andai risalendo dalla bocca dell’inferno, con l’adrenalina che scendeva e l’idea che fosse stato tutto un sogno che saliva.
Fu una giornata incredibile, un viaggio in un AltroQuando, da ricordare e raccontare.
Quindi amici, chi di voi volesse venire con me nel bosco del Frate è il benvenuto, contattatemi e ci andremo, per i più audaci potremo anche passare la notte in tenda armati del K2 da acchiappafantasmi. Un’esperienza unica! Forse l’ultima!
Spero che questa storia vi abbia fatto compagnia, altrimenti Gmork la raggiungerà e sparirà nel nulla.
A presto per un nuovo Altroquando!

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5 risposte a Il bambino fantasma

  1. Marina dice:

    Sempre bellissimi i tuoi racconti!!!! Mi piacerebbe sapere dov’è questo bosco ..

  2. Simona dice:

    Strepitoso! …fossi in te penserei a scrivere un soggetto per una serie TV di Netflix titolata “Altroquando”!
    Sei forte!

  3. Fabio dice:

    Grazie Marina
    Il bosco è un luogo poco conosciuto verso la Tuscia, in primavera è strepitoso!

  4. Fabio dice:

    Grazie Simona! Purtroppo l’unica serie tv che avrei voluto scrivere va già in onda…deadbeat…è assurda! Però non si sa mai…pensa se divento uno che scrive serie :):):)

  5. Mara dice:

    Andiamooooo …..
    Bellissimo, ma la domanda è?
    Ma è successo veramente?

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