Budapest non è una città per tutti.
Anzi si. Tra voli low cost e airBNB è veramente per chiunque. Ma quello che intendo dire è che questa decadente perla grigia si mostra veramente solo a chi la osserva con occhi imbevuti di spleen.
Vi diranno che Budapest è piena di colori, musica, gioventù e altre sciocchezze da catalogo turistico.
Non è vero.
Sicuramente è piena di colori, musica e tutto il resto, ma è solo una facciata, come i set di cartapesta che si intravedono fuori Cinecittà.
Budapest è fredda, silenziosa, austera, sfuggente.
Questo la rende unica e bellissima.
Se vorrete,alla maniera di Altroquando, vi racconterò la mia Budapest.
Iniziamo quindi dal principio, come tutte le storie, ossia dal famigerato aereporto di Fiumicino.
La scelta solitamente cade su linee aeree che vantano modelli tipo Savoia-Marchetti 1915 in tela cerata, precipitati dodici volte negli ultimi due conflitti mondiali e rifiutati ormai con orrore da tutte le compagnie del mondo.
Quelli dove senti le persone lamentarsi dei posti stretti, senza ricordarsi di aver pagato il biglietto meno di due lettini a Fregene in agosto.
Tranquillo con il bagaglio a mano con misure perfette da cabina mi avvio al desk. E qui una gentile signorina mi informa che da novembre, a meno che non si sia effettuato un Priority Boarding, in cabina si può portare solo l’astuccio con le penne e la gomma da cancellare, senza temperino che potreste dirottare l’aereo.
Faccio gli occhioni tipo gatto con gli stivali di Shrek e la gentile signorina straccia i miei biglietti e me ne da furtivamente altri con la tanto ambita scritta Priority Bording.
Li prendo e mi sento un vip.
Si parte, due ore e si atterra a Ferihegy. Prima regola di ogni viaggiatore, mai cambiare soldi in aereoporto, hanno dei tassi che neanche “Strozus”, conviene cambiare lo stretto necessario per prendere qualunque cosa ed arrivare in città.
Budapest ha una rete di collegamenti efficientissima, dall’aereoporto si possono prendere navette, taxi, auto private, carrozze e riscio’, ma subito fuori l’aereoporto con 3 euro c’e’ un bus (E100) che vi porta dritti in centro, conviene, è comodo e il biglietto lo si fa a bordo.
Per dormire non c’e’ che l’imbarazzo della scelta. Se siete ricchi c’e’ il Boscolo Hotel, se volete andare sul sicuro su airBNB ci sono due case, bellissime, grandi, pulite ed in pieno centro.
La prima si chiama “Romeo & Juliet Apt” la seconda si chiama “Brandnew flat” e che trovate entrambe su airBNB ad ottimi prezzi.
Solitamente il check in in questi posti è previsto per le 13, ma per pagare il volo meno di un lettino a Ladispoli in dicembre, prendo aerei all’alba.
Così quando arrivo molto presto, solitamente cerco la prima stazione ferroviaria e lascio tutto al deposito bagagli. Quello di Budapest fa un po’ effetto “non troverò più nulla”, ma in realtà è solo sindrome post-traumatica del vivere a Roma.
Per cambiare i contanti si possono trovare un po’ ovunque i moneychange, affidabili e onesti. I migliori sono quelli con la scritta blu e gialla, e qui vi conviene acquistare anche la citycard, da 24, 48 o 72 ore,
che vi permetterà di usare autobus e metro gratuitamente, offrendo inoltre numerosi sconti su molte attrazioni.
Posati i bagagli e cambiati 100 euro, avendo in cambio tre miliardi di fiorini due lingotti d’oro e le chiavi della città, sono pronto per conquistare l’Impero Austro-Ungarico.
Prima sensazione: FREDDO. Talmente freddo che alla fermata dell’autobus c’erano delle vecchie signore ungheresi che si sfregavano le mani e mi dicevano “…Sentito che giannetta regazzì?…” Devo però precisare che i mesi delle mie partenze sono tipo gennaio, febbraio, perché a luglio son capaci tutti.Si inizia. Budapest è meravigliosamente decadente. Palazzi un tempo meravigliosi, testimoni di un periodo d’oro, oggi sono scrostati, spenti, spesso presi d’assalto da orribili insegne di marchi come Rolex, Nike, Huawei, simbolo di una conquista che non si è mai arrestata.
La città è molto pulita, e non si ha la percezione del pericolo. Non si vede molta polizia nelle strade, ed anche di notte si può girare in tutta tranquillità.
E poi tranquilli, probabilmente incontrerete più Italiani che Ungheresi.
Ciò che conquista di Budapest è la sua eleganza. Il Parlamento, i Ponti sul Danubio, i Bastioni, le Chiese, ma anche i piccoli particolari delle metro, o di alcuni negozi, ovunque si giri lo sguardo si ha la sensazione di vedere una bellissima ballerina danzare in un teatro fatiscente. E questa per me è la vera bellezza di Budapest.
Se sceglieste di andare in una delle case sopra citate, avrete l’opportunità di entrare in alcuni questi enormi palazzi. Una volta attraversato il portone si viene catapultati dietro le quinte della città. Androni fatiscenti, scalinate imponenti fiocamente illuminate, porte, finestre, corridoi e biciclette legate alle ringhiere. L’interno di ogni edificio è una scoperta. Se non avessimo il cellulare in tasca potremmo tranquillamente trovarci in una scena dell”Inquilino del Terzo Piano. L’interno delle case al contrario è molto bello e comodo, caldo e spazioso, ma tanto quando viaggio al massimo ci dormo, a volte.
Ho sempre pensato che per capire e godere veramente un qualsiasi luogo bisogna “sporcarsi” del luogo stesso. E per sporcarsi intendo sentirsi il più possibile addosso l’atmosfera della città. E l’atmosfera di Budapest è avviluppante. E non c’e’ bisogno di parlare con persone, di fare conoscenze. Solitamente non parlo con nessuno durante i viaggi. Sono le strade, i muri, le metro, le persone che passano a parlarmi, a sporcarmi, nel senso buono, come quando da bambino tornavi a casa sconcio ma felice.
Tornando per una attimo a quelle cose che rendono unico un viaggio, vi parlerò di qualcosa che in realtà non dovrei raccontare, perché sarebbe giusto che provaste la mia stessa sensazione, ma ho appena finito la seconda birretta, sono quasi le due di notte e il silenzio mi rende buono. Vi parlerò di Memento Park.
Essendo appassionato di storia, prima di partire mi piace documentarmi su tutto quello che è possibile vedere del posto in cui vado. In questo caso il periodo della cortina di ferro e dell’occupazione sovietica, e su una ricerca mi esce questo nome: MEMENTO PARK, con la recensione di un tizio che perentorio scrive “BISOGNA VEDERLO ASSOLUTAMENTE”
Costringo quindi la mia freddolosa ragazza in una bella giornata di neve, ad andare a vedere questo luogo misterioso. Rassegnata e semicongelata accetta. Cominciamo a prendere vari autobus, quando d’un tratto ci accorgiamo che Budapest si allontana sempre di più. Ci dirigiamo verso il nulla. L’autobus è semivuoto, nessun turista dentro e nessun segno di vita fuori. Passa il tempo e arriva la nostra fermata. Scendiamo accanto ad una rotatoria. Sento degli occhi crudeli e minacciosi dietro di me. Ho paura, mi giro… è la mia ragazza, tutto sotto controllo. In lontananza vedo un enorme braccio che si staglia in cielo, dirigiamo verso questa inquietante figura, e più ci avviciniamo più distintamente una musica stile Armata Rossa arriva alle nostre orecchie. Siamo arrivati. In mezzo al niente, in un parco circolare, con altoparlanti che mandano musica dell’epoca, vediamo una quindicina di statue sovietiche, portate qui dopo la liberazione del Paese.
Da questo momento in poi tutto diventa surreale, la mia ragazza si ferma davanti ai bagni, seduta tra la neve, rifiutandosi di entrare e guardandomi con malcelato odio. Io faccio il giro delle statue, perché ormai sono lì e le DEVO vedere tutte, fotografandole con un rullino scaduto e arrampicandomi in alcuni magazzini dove scopro altre statue. Il tutto sarà durato 15 minuti. Poi il ritorno alla rotatoria per aspettare l’autobus, dove mi esce l’infelice frase…”Dai, in fondo bello però…” Dissolvenza. Nero. Sipario.
Eppure nella sua assoluta assurdità c’era della poesia a Memento Park.
Ormai perso nel mio misticismo storico vado a visitare altri due posti incredibili, l’Ospedale Bunker e il Terror Haza.
Il primo è sicuramente meno conosciuto ma vale la pena andarlo a vedere. Si trova vicino ai Bastioni dei Pescatori e alla Chiesa di Mattia.
Si tratta di una serie lunghissima di cunicoli sotterranei usati come ospedale e rifugio durante la seconda guerra mondiale, e adibito a rifugio antiatomico durante la guerra fredda. Il posto è stato segretato fino al 2002, oggi è visitabile e molto ben strutturato. Si procede in piccoli gruppi con una guida molto preparata, è vietato fare foto ma in questo modo ci si gode di più la visita. Alla fine, negli ultimi cunicoli è allestita una mostra documentario su Hiroshima, con pezzi originali, foto, e una parte sonora straziante. Senza vergogna posso dire di essere uscito con gli occhi lucidi e la rabbia nel cuore.
Uscendo, vendevano per pochi fiorini cose assurde, che non so immaginare a chi potessero interessare. Io ho comprato con una maschera antigas, due siringhe del 1950, e un ex passaporto russo. Mi sono fermato solo perché non avevo spazio in valigia.
Il secondo posto è per me il primo motivo per andare a Budapest. Il Terror Haza.
Al numero 60 di Andrássy út si trova un palazzo, usato come quartier generale della polizia segreta nazista prima e comunista poi. E’ il palazzo del terrore.
Si entra come in un normale museo, ma tutto è posizionato in modo scenograficamente perfetto, per far entrare i visitatori nell’atmosfera del posto. Luci, suoni, stanze conservate come se fossero ancora in attività, la sensazione di essere spiati, di non avere nessun potere, di sentire quanto poco potesse valere una vita. Quando poi ci si accorge che le ultime persone qui uccise hanno visto la loro fine non più tardi del 1986, gli stessi anni in cui in Italia si guardava Kiss Me Licia e al cinema usciva Top Gun, tutto assume dei contorni ancor più definiti e tragici. Non vi racconterò quello che effettivamente si può vedere nel Terror Haza. Ma vi consiglio, nell’ultima parte, quando prenderete un lento ascensore, di ascoltare con attenzione le parole del video che accompagnerà la vostra discesa.
Usciamo e prendiamo una bella boccata d’aria fresca, pensando che a volte siamo molto fortunati senza saperlo.
Andando a Budapest è d’obbligo anche un giro sul Danubio. Il biglietto costa una decina di euro, le navi partono da vari attracchi vicino al ponte di Elisabetta dalla mattina fino alle 21. Decido di farlo, ma sicuramente è ancora più bello farlo di notte.
Peccato che una volta entrato i posti interni riscaldati erano tutti occupati. Una stupenda ora e dieci minuti di traversata al piano scoperto…di notte…a gennaio. Mi si sono congelati anche i pensieri. Comunque a parte l’ipotermia è un esperienza da fare, forse.
Per chi invece è amante dei locali, della vita e della musica deve assolutamente andare allo Szimpla Kert, il più famoso dei ruin pub della città. Un vero e proprio palazzo adibito a locale, con scale, terrazzini, vari tipi di bar, musica, tutto in un contesto semiabbandonato e riempito di qualunqe cosa. Da vedere assolutamente.
Qui potete assaggiare la Palinka, il tipico liquore ungherese. Sulla Palinka non mi esprimo. Ai posteri l’ardua sentenza.
Un consiglio. Non provateci con le ragazze. Non ci stanno. Se ci stanno non è perché siete belli ma perché siete portatori sani di euro. La storia del fascino latino giocatevela a Londra, qui sono Ungheresi, persone intagliate a colpi d’ascia, una popolazione antica, ne slava, ne russa, ne europea. Ricordatevi, noi sulle lire avevamo la Montalcini, loro hanno Attila.
Di posti interessanti ce ne sono molti altri, troppi da poter descrivere in queste righe, posso citare velocemente il Parlamento, dove la fila per entrare è un pò lunga ma vale la pena, la Cittadella, dove si può arrivare usando la caratteristica funicolare, la Chiesa di Mattia e di Santo Stefano, il mercato centrale, dove si possono comprare souvenir e mangiare streetfood come il Langos, l’isola Margherita e molti altri. Tutti luoghi incantevoli, ma difficilmente paragonabili all’esperienza delle Terme.
Prima un breve accenno. Budapest ha delle terme incredibili, chiamate comunemente bagni. Ci sono i bagni Gellert, i Kirali, i Rudas, ma vi consiglio vivamente i bagni Széchenyi. Oltre che per la bellezza oggettiva, per un motivo ben preciso. Le altre sono meno turistiche, e diciamo che per gli ungheresi la promiscuità uomo/donna non è un problema, quindi se non avete remore a spogliarvi voi la vostra ragazza e 4 magiari tutti insieme andate dove volete. Io sono antico e scelgo i bagni Széchenyi.
Bisogna andarci molto presto, aprono alle 6 del mattino, e anche se è uno sforzo, essere li all’apertura è la cosa migliore. Verso le 11 diventano una sorta di rave-party, quindi se come me avete una certa ostilità verso il genere umano mettete la sveglia alle 5.
Ricordate che la mia ragazza è freddolosa? Bene. Riesco non so come a convincerla ad alzarsi nottetempo e andare all’apertura dei bagni. Fuori c’è nebbia, freddo, umidità e la sensazione di tornare single da questo viaggio. Alla cassa troviamo una simpatica signora che non parla inglese e sta imparando ad usare il terminale.
Per fare i biglietti ci mettiamo un tempo indefinito, passando la carta circa 20 volte, ma la signora è rubiconda e sorridente, quindi va bene cosi. Il prezzo per tutto il giorno, cabina compresa, è di circa 25 euro, ma si può pagare solo in fiorini o carta. Gli asciugamani ce li siamo portati da casa, fa un pò trash ma è divertente e risparmiamo 10 euro a testa che al giorno d’oggi buttali. Poi ci viene un illuminazione. Facciamo il massaggio. Altri 12 passaggi di carta e alla fine abbiamo 2 massaggi ad un prezzo sospettosamente TROPPO basso.
Si entra, il posto è bellissimo, stile liberty, pulito ed elegante, almeno per le prossime 4 ore. Ci mettiamo il costume, fuori fa -2 gradi e tra noi e l’assideramento c’e’ solo il piccolo asciugamanino portato da casa. La piscina è coperta di nebbia e vapore, fa talmente freddo che non smettiamo di ridere in modo compulsivo. Poi si entra in acqua e cambia tutto. Una sensazione paradisiaca. Tra la nebbia si intravedono figure che giocano a scacchi sul bordo piscina, statue che gettano acqua calda, il tutto in un raffinato silenzio. Sarebbe tutto perfetto se non fosse che per fare qualunque cosa bisogna comunque uscire e passare SEMPRE all’aperto, e dopo la piscina calda se prima ridevamo ora sembriamo Jack Torrance nell’ultima scena di Shining. Ma è tutto troppo bello. Entriamo per vedere le piscine al coperto, molto eleganti, con colonne e balaustre in marmo. Chiaramente dovevo provare tutto, le saune, il bagno turco, la doccia svedese, e soprattutto una cosa, che non so come si chiama e credo sia vietata in numerosi paesi. Una sorta di pizza fritta spalmata con una crema all’aglio poi ancora fritta e guarnita con la cipolla. Deliziosa. Ancora la sto digerendo. Il posto è grande e bisogna aver l’ardire di aprire porte a caso per trovare nuove situazioni, tra cui il bagno nella tinozza di birra mentre bevi birra.
Passa così la prima parte del mattino, aspettando di goderci il nostro massaggio. Salendo scale e aprendo altre porte a caso ci troviamo in un luogo magnifico. Una stanza col tetto di vetro con palme, amache, musica ambient, cocktail di frutta, pavimento riscaldato e tatami per massaggi. Già camminavo a 5 centimetri dal pavimento riscaldato, quando mi avvicino arrotolato nel mio ascigamanino al banco e chiedo informazioni per il nostro turno. La signorina, con un sorriso beffardo, mi dice “no no, non è qua, voi dovete andare sotto”.
E che io sappia andare sotto non è mai bello.
Sento ancora dietro di me quella sensazione di pericolo imminente, è la mia ragazza che chiede spiegazioni. Le dico che dobbiamo scendere. Dissolvenza. Buio. Sipario.
Scendiamo le scale pensando a quello che lasciamo sopra di noi, ma in fin dei conti ci aspetta pur sempre un massaggio. Apriamo quindi l’ultima porta e ci troviamo in quello che ne più e ne meno potrebbe essere definito un cronicario, un reparto del San Camillo, ma di 20 anni fa. Rido tantissimo. Per me basta e avanza. Non ci potrebbe essere di meglio. Ormai completamente soddisfatto della mia vita mi giro verso la mia ragazza e le dico “Dai…in fondo è carino”. Riesco a strapparle un sorriso. Ho vinto. Pensavo non potesse accadere altro di più esilarante. Mi sbagliavo. Ci mettono in fila per il massaggio, stile vista medica dei tre giorni (quando faccio queste citazioni capisco quanto sono vecchio), poi arrivano i nostri massaggiatori. Anna ha la fortuna di prendere una signora che ricorda molto Frau Blucher, e che credo sia ancora ricercata dal Mossad. Io pesco il jolly. Un omone probabilmente di origine umana, con la facce truce, gli occhi vicini e le braccia enormi. Veniamo separati e portati in piccolissime stanze di legno, con le finestre aperte, un lettino e una vecchia radio appesa al muro che trasmetteva musiche belliche. Quando l’omone mi dice di sdraiarmi ho un brivido lungo la schiena. Alla fine non mi uccide, quindi per correttezza lascio la mancia ed esco. Dopo 2 minuti esce Anna, circondata da un aurea stile super saiyan, dopo aver insultato in vari modi Frau Blucher mi dice che ora si va all’attico e ci si fa il massaggio tra le palme. Tre minuti e siamo sdraiati al caldo, con un cocktail di frutta e due belle ragazze che ci massaggiano tra musica soft e amache.
Voglio immaginarlo come il cerchio della vita.
Quindi andiamo via, ormai il party sta per iniziare, non fa per noi. Questi bagni sono consigliatissimi, puliti ed efficienti, andate presto e dopo aver fatto il biglietto entrate e chiedete del palm-haz, si paga a parte ma sono 40 euro benedetti.
Altre due piccole note di colore. Da vedere Piazza degli Eroi con il parco adiacente, molto bello, nell’interno si trova la statua di uno scrittore sconosciuto. La leggenda vuole che toccare la sua penna porti fortuna. D’inverno si può anche pattinare su una grandissima pista di ghiaccio.Ultima cosa fondamentale, a Budapest c’e’ la statua di Bud Spencer, come si fa a non amare questo posto?
Finisco questo lungo racconto con un ultima annotazione. Ho iniziato con l’aereoporto e con l’aereoporto concludo.
Il Ferihegy è organizzato malissimo, almeno per il check in, si rimane ammassati con centinaia di persone, sentendo chiamare il proprio volo a voce. Questo almeno nei giorni e nelle ore con più afflusso passeggeri. Oltre i controlli, l’interno non è male, ma vi do un consiglio. Passato il gate potreste essere portati in un altro edificio vuoto, quando apriranno per farvi raggiungere l’aereo rimanete dentro fino all’ultimo, e guardate gli altri usciti per primi stare in fila sulla pista sferzati dal freddo vento ungherese.
Spero di avervi dato un idea di come ho vissuto Budapest, di come l’ho sentita e di come l’ho amata. E spero, se ancora non siete mai andati, di avervi fatto venire la curiosità di visitare questa città dalla decadente bellezza.
Per ora da Altroquando è tutto, mi auguro di avervi fatto compagnia e di avervi dato tra tante sciocchezze, qualche informazione utile per i vostri viaggi.
Scrivilo ‘sto libro di viaggi, dai! Sei impareggiabile
Mi fai viaggiare….
Grazie mille…lo scopo è anche questo in fondo…
Magari…mi piacerebbe…ma ancora ce ne sono tante di storie da scrivere! E poi mi diverto tanto!