Noche de Muertos – Quando il Mundo e l’Inframundo si toccano possiamo ritrovare chi abbiamo perso

L’inizio di questa storia era tutto un excursus su quello che penso di Halloween all’italiana, ma rileggendolo mi stavo quasi diventando antipatico da solo.
Quindi se vi va, dopo aver messo la vostra zucca della Conad su via della Magliana, vi racconterò una nuova storia, questa volta attraversando l’Oceano.

“La perdita dei riti e delle tradizioni nel mio Paese e in gran parte dell’Europa mi spinge a cercare e documentare luoghi e comunità che al contrario mantengono vive le loro unicità”.

Così iniziava la presentazione della mia mostra fotografica sulla Noche de Muertos, ma dietro queste poche parole e foto c’era tutta una storia mai raccontata, almeno fino ad ora.
Dopo aver progettato questo lavoro, grazie all’aiuto di grandi personaggi come Emanuele Merlino, Francesco Trenti, Antonio dj e Mio Cugino,  ottenni un aiuto logistico dall’Ambasciata del Messico,  e con la valigia rigorosamente vuota mi imbarcai su un aereo battente bandiera Blue Panorama alla volta di Cancun.
Era la mia seconda volta in Messico, quindi come tutti i bravi romani mi sentivo padrone della situazione. Infatti appena atterrato presi il bus per Playa del Carmen
sbagliando direzione e perdendomi senza troppi problemi.
Ritrovatomi velocemente, arrivai a Playa, ospite della mia amica Michela.
Ci tengo a precisare che Michela è completamente matta, quindi adorabile, e logicamente conosce persone completamente matte, eppure quando parlavo del mio progetto e di dove sarei dovuto andare, tutti diventavano seri. Mi dicevano che era pericoloso, che c’erano dei problemi con i Narcos in quella regione, insomma mi mettevano una tranquillità che neanche una paletta della stradale di sabato sera.
Tutti, tranne uno. Jorge Machado. Uno sciamano. Potrei fare un racconto solo su lui,  ma vi suggerisco di vedere il film dove interpreta se stesso, Alamar.
Durante una serata insieme gli parlai del mio viaggio, aspettandomi anche da lui la descrizione dell’Armaggedon. Invece, tranquillo, sorridendo, mi disse: farai un esperienza bellissima, quello dove vai è un luogo magico. Rimani sereno e non ti succederò nulla. Ora saranno state le varie bottiglie di Mezcal ma mi rassicurai in un attimo.
E cominciò a parlarmi della tradizione della Noche de Muertos, di cose che non trovi scritte sui libri, ero metà ipnotizzato e metà ubriaco.  Un momento bellissimo.
Quindi investito di questa aurea di benevola sicurezza presi un aereo per la regione di Michoacan. Atterrato a Morelia, la capitale, l’aurea di benevola sicurezza mi abbandonò e si insinuò quella “io speriamo che me la cavo”.  Arrivai stressatissimo, dato che ad ogni cambio di volo dovevo stare 40 minuti a spiegare prima in spagnolo e poi in inglese che i rullini che portavo non potevano passare sotto il metal-detector. Inoltre diciamo che un po’ di criminalità a Morelia si avverte, quindi uscito dall’aereoporto mi infilai dentro un taxi che mi avrebbe portato alla stazione degli autobus per le altre 2 ore di viaggio.
E finalmente arrivo alla mia destinazione finale, Patzcuaro.

Qui apro una piccola parentesi, del perché abbia scelto questa piccola cittadina. Patzcuaro è uno dei pueblos magici del Messico, e proprio qui la festa dei Morti assume dei tratti più distintivi che in altre regioni. Il villaggio si affaccia su un lago molto vasto che contiene tre isole, Pacanda, Yunuen e Janitzio. E qui si può veramente toccare con mano la parola Tradizione. Ma torniamo per un attimo alle mie vicissitudini.
Arrivato a Pazcuaro mi avvicino ad un gruppo di tassisti, e chiedo se conoscevano un hotel “economico” dove portarmi.
Mi risponde un tizio, ne conosce uno a 300 pesos a notte, io chiedo se c’è qualcosa di più economico e lui sorpreso, e forse un po’ disgustato, mi dice “NO”.
A proposito 300 pesos erano circa 12 euro a notte.
Comunque decido che si vive una volta sola e un po’ di lusso me lo merito, salgo e mi faccio portare all’albergo. Dal finestrino intanto vedo vicoli con casette bianche bordate di rosso in basso, persone che vendono qualunque cosa e una casa diroccata stile Beirut. Ci fermiamo. E’ il mio albergo. Entro. Al desk c’è un omone che non parla, chiedo la tariffa, si gira e mi indica la lavagna con i prezzi, dico va bene, lui si abbassa dietro il bancone e ne riemerge con una chiave enorme, un asciugamano piccolo e un rotolo di carta igienica. Attendo il secondino che mi porti in stanza, ma alla fine capisco che devo andare da solo. La stanza è una di quelle dove il bagno in camera NON è una comodità.
Dopo aver sigillato il bagno ed ogni forma di vita ci fosse dentro, nascondo l’attrezzatura fotografica sotto il letto ed esco per una passeggiata. Ma comincia a diluviare. Già amo questo posto, questo albergo e il suo burbero padrone. Rientro quindi in stanza, dove ho il tempo per spiegarvi cosa sia la Noche de Muertos e perché almeno una volta bisognerebbe andare a viverla.


Il popolo messicano è uno stupendo controsenso. A prima vista  cattolici estremi, hanno in realtà mantenuto tutte le loro tradizioni precristiane, mischiandole e mascherandole con la nuova religione. Possiamo trovare chiese in cui si svolgono giornalmente riti Maya, come a San Juan de Chamula, oppure incontrare per le strade le tienda de salud, dove si possono tranquillamente comprare rituali magici di ogni tipo. La Noche de Muertos si pone proprio come esempio più caratteristico di questo intreccio. Ma andiamo per ordine. La prima cosa che vi colpirà sarà la presenza ovunque di fiori arancioni, chiamati cempasúchil. Sono dappertutto, nelle strade, sulle finestre, nelle fontane, in ogni angolo. Questo perché si ritiene che il loro colore, l’arancio, sia lo stesso che si trova nel Regno dei Morti, e quindi ponendoli a casa e nelle città possano illuminare la strada  dei defunti. In questa notte il nostro mondo e l’inframundo si avvicinano e permettono la visita di chi non e’ più. Si prepara in ogni casa e negozio un altare, che deve avere delle caratteristiche specifiche, in cui poi si mettono le immagini dei defunti, il cibo e le cose che gradivano da vivi, rosari, fiori e il tipico Pan de Muertos, che si prepara per l’occasione. I giorni antecedenti si va al cimitero a preparare le tombe. Proprio così, si puliscono fino in fondo, si preparano gli altari, in caso di pioggia si tirano teli di protezione perché li si passerà tutta la notte. Mi raccontava Jorge che in alcuni paesini sperduti si usa ancora l’antica tradizione di  estrarre i resti per pulirli con cura.

Ovunque sentirete una sensazione di gioia. Già perché la cosa bella, il motivo che mi ha spinto ad arrivare fino a Patzcuaro, è che loro credono fermamente e fortissimamente che nella notte tra il primo e il due novembre i loro cari attraversino il ponte di cempasúchil per andare a trovarli.Non è Halloween, non è dolcetto o scherzetto, non è mascheriamoci e compriamo cose…è veramente qualcosa di magico, di antico, che vi consiglio di provare.
Tornerò più tardi sulla parte tradizionali per raccontarvi altro, ora ha smesso di piovere e quindi esco dal mio simpatico alberghetto. Giro per Patzcuaro, una cittadina piccola ma molto bella, contornato da fiori arancioni, banchetti di Caravelas e Catrine, teschietti di zucchero e persone intente a lavorare per la grande notte.Passeggiando per i paese  mi chiedo se ci sia un posto da cui si possa vedere il lago. Domando  a dei simpatici tassinari.
Uno mi  risponde di si, ti ci porto io, ma poi devi tornare per conto tuo. Alché chiedo se sia lontano, ma mi assicura di no. Forte della fiducia del tassista dell’albergo vado.
L’unica cosa che ricordo è una salita interminabile su una montagna, una vista mozzafiato e il tassista che se ne andava. Faccio le mie foto e poco dopo  comincio la discesa. La salita interminabile in auto diventa una discesa senza fine a piedi, al buio, tra i boschi. Da questo momento ho capito che i tassisti sono miei nemici, ma mi ricrederò una volta tornato a Playa. I giorni passano tra passeggiate in cimiteri pieni di persone all’opera, taverne tipiche a mangiare cibo piccante e  visite al mercato. Sotto i portici del centro  conosco un pittore che decide di farmi un ritratto, e con cui prenderò il caffè in tutti i giorni successivi. Bei momenti, tutti allietati dal nuovo gioco dell’omone dell’albergo. Già perché dato che la cittadina comincia a riempirsi per la festa, lui con delle scuse di notevole arguzia, tipo “ti sposto di qua perché si vede meglio la televisione” mi cambia di camera ogni giorno. A me fa ridere, a lui pure, siamo mezzi diventati amici.
Il giorno prima della festa incontro la guida locale che mi ha fornito l’ambasciata, insieme ad un altro gruppo di persone. E da questo momento per un po’ me la godo. Spostamenti in varie parti con il van, pranzi in posti cinque stelle, spiegazioni e visite in molti posti interessanti. Finché arriva la Notte. Ora mentre preparo l’attrezzatura vi spiego un altro aspetto di questa storia.


Come ogni posto anche qui la lunga mano del consumismo e del tarallucci e vino è giunta veloce. Quindi se arrivate il giorno della festa vedrete bambini mascherati, qualche zucca, mercatini e turisti, ma ricordatevi che qui la Notte dei Morti era ed è sempre stata una festa, con balli, canti, e gente per le strade, se riuscite ad evitare tutta la parte superficiale, “l’allowin”, scoprirete il vero senso della festa. Una festa fatta di musica e di silenzi, di rispetto e dura dolcezza.
Comunque sono pronto, ho preso tutto quello che NON mi servirà per la notte dato che ho l’organizzazione di un comò Luigi XVI, e vado. Appuntamento al superalbergo Hotel Mision San Manuel fornito dall’ambasciata, con cena faraonica e spettacolo incluso. Parlando con la guida capisco che loro staranno solo un paio d’ore sull’isola, ma io devo stare tutta la notte. Quindi ci accordiamo che andrò con loro e poi resterò li, un modo per tornare lo troverò.
Arriviamo sulle rive del lago che è già notte, vengo investito da un marasma di gente, chi fa la fila per prendere le barche che fanno la spola tra le isole, chi prepara cose in pentoloni fumosi, ragazzi che gridano, gente che spinge…un girone infernale. Fortunatamente salgo su una barca e parto in mezzo al buio totale del lago.
Mezz’ora e si arriva. Altro girone infernale…l’isola è trasformata praticamente in un gigantesco negozio. Non mi piace molto. Saluto la mia comitiva che mi fa gli auguri per il ritorno e comincio a salire verso il cimitero.

Lo trovo, piccolo, antico, bellissimo. Dentro un color arancio che scalda il cuore, in ogni angolo persone a vegliare sulle tombe, donne, uomini, anziani, bambini, tutti insieme formano un quadro stupendo. Ma in quel quadro c’é qualcosa che non mi piace. Sono i turisti, che senza rispetto parlano ad alta voce, ridono, fotografano, passano tra le tombe. Sono odiosi. E io sono uno di loro.
Quindi mi fermo, entro in una cappelletta e mi siedo. Aspetto. Verso le 2 se ne sono andati tutti, non c’é più nessuno. Solo il silenzio e le candele che finalmente rischiarano solo i volti degli abitanti del posto. Qui inizio, cercando di dare meno fastidio possibile, a spostarmi tra le varie tombe spesso sovrapposte. Fa molto freddo e non mi sono portato nulla di pesante, ma lo stare li riscalda l’anima. Vedo un giovane che butta della tequila su una tomba e poi la beve per brindare con suo zio, un altro che porta la una ragazza sulla tomba dei nonni per presentargli la sua futura sposa. E’ tutto magico, sembra che il tempo sia fermo, qualcuno si arrotola nelle tipiche coperte e si addormenta vicino a una foto, i bambini si nascondono in questa specie di sacchi colorati, altre persone stanno ferme, attente. Mi colpisce un anziano solo su una tomba, dritto col cappello tipico dei campesinos, guardare dritto davanti a se come se vedesse qualcuno. Mi siedo un attimo e nella mia goffaggine allungo le gambe, un signore mi dice se posso togliere i piedi dalla tomba di suo padre. Tutto intorno a me è una bolla, sono stanco, mi raggomitolo e dormo un po’ anche io. Questo posto da sicurezza. Mentre chiudo gli occhi penso a noi, a come viviamo la Morte, il giorno dei morti, i cimiteri, e mi sembra tutto così lontano e pesante.

 

 

 

 

 

 

Mi risveglio e giro ancora un po’. Cerco di evitare di scattare i visi delle persone mentre guardano in camera, so che non vogliono, che non hanno piacere di questa cosa e cerco di rispettarla, ma mentre sto per scattare una foto una ragazza si gira di scatto e mi guarda. Uno sguardo che non so definire. Una foto fatta per caso. Per me la più bella del viaggio.


Comincia ad albeggiare, e dalle case vengono portate delle bevande calde per il mattino. La Notte è passata, i defunti sono tornati nel loro Mondo e noi al nostro.
Con lo schiarire del cielo comincio a chiedermi come fare per tornare indietro. Scendo al porto, ci sono delle barche ma sono prese d’assalto da chi ha passato la notte sull’isola. Mi metto in fila, salgo, non ho il biglietto ma almeno sono sulla via del ritorno. Ho la fortuna di salire su una strettissima barchetta insieme a dei Mariachi, che cominciano a suonare e tutti si mettono a cantare. Io penso solo che non ho il biglietto.
Arriviamo, svicolo il prima possibile e nessuno si accorge di me. Chiaramente scendo nel nulla…che è una costante del Messico. Nessuno dei miei cari amici tassisti in vista, quindi mi faccio il gran premio della montagna a piedi, fino all’albergo a 5 stelle messomi a disposizione. E qui la bellezza dei  miei viaggi. Pregusto di dormire in letti morbidi, di farmi ore di bagni caldi  vedendo un televisore gigante. Ma la prenotazione era per la notte passata. Quindi la notte d’albergo stile Miami Vice l’ho passata per terra in un cimitero. Sono le 9 del mattino. Non mi perdo d’animo e chiedo a che ora fosse il check out. Mezzogiorno e mezzo. Perfetto. Mi catapulto in camera e in poco più di 3 ore faccio tutto quello che volevo fare…compreso lavarmi. Quindi con gli occhi lucidi lascio l’hotel e mi dirigo al mio albergo. C’è l’omone, non mi ha cambiato stanza, apprezzo molto.
Dopo un paio di giorni mi preparo a ripartire. Preparo i bagagli sapendo che mi mancherà tutto di questo posto, e con la certezza di tornarci, prima che la globalizzazione spazzi via anche questo piccolo angolo di Paradiso.
Saluto il caro omone e vado in aereoporto. Mi aspetto i soliti 40 minuti a spiegare di non poter passare le pellicole sotto il metal-detector, ma mi accorgo di averle messe in valigia e imbarcate. E li mi chiedo sinceramente perché mi si mandi in giro da solo.
Torno comunque a Playa del Carmen, e qui mi ricredo sui tassisti. E’ notte e nessuno mi vuole portare a casa, tranne uno. Un energumeno con la faccia cattivissima e la musica metal altissima in auto. Salgo. Non dice una parola, nella notte siamo solo io l’energumeno e i Metallica. Alla fine arriviamo. Scendo, mi affaccio dal finestrino e gli dico “complimenti bella musica”. Lui fa un sorriso che neanche la Principessa Sissy e mi batte il cinque. I tassisti non sono poi così male, a volte. Playa vuol dire mare, sole, le insalate di Michela, e tante altre foto. Certo l’ambiente è diverso, ma anche qui basta spostarsi un po’ dai centri turistici per sentire quell’atmosfera che mi fa ripartire ogni volta.
Ora dovrei terminare con tutta una frase d’effetto su questa esperienza, un mixer di qualcosa tra il mistico e il letterato, invece vi racconto che alla partenza in aereporto mi hanno rubato il portafogli.
Tutto. Documenti, permesso di entrata in Messico, soldi per pagare la tassa di uscita, il tutto alle 23 di notte, senza telefono. Per una fatalità mi rimane il passaporto qualche spiccio e la carta di credito che però non funziona. Chiamo la polizia che mi dice che non c’è nulla da fare. Vado al desk della Blue Panorama che mi dice che non posso partire se non pago 50 euro di tassa. Panico. C’é tutta una fila di Italiani che rientrano con me dalle vacanze, superando ogni mia timidezza chiedo un attimo di attenzione. Nel silenzio si sente la mia voce chiedere 50 euro per rimpatriare, che avrei dato appena scesi dall’aereo. Si girano tutti dall’altra parte. Solo 2 ragazzi sardi vengono e mi dicono tieni, con 50 euro in mano. Io gli do i miei contatti, giurando sulla qualunque che li avrei ridati. Loro tranquillamente mi dicono “ci sembri una brava persona, se ci siamo sbagliati pazienza”.
Ma l’odissea non è finita, mi manca il permesso di entrata, e senza quello non si parte. Mi dicono che lo posso rifare con 350 pesos, che non ho. Alla fine li raccimolo, mi danno appuntamento a mezzanotte in un ufficio. Tutto a posto, posso ripartire. Già mi vedevo vagare vecchio e sciatto nel parcheggio dell’aereoporto di Cancun.
Questa è la storia, o almeno una parte della storia dietro la mostra sulla Noche de Muertos. Spero vi sia piaciuta, ora vi lascio che corro a comprare un vestito da zombie che ho una festa a Spazio 900…ma ci risentiremo presto con un altra Storia da Altroquando.

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12 risposte a Noche de Muertos – Quando il Mundo e l’Inframundo si toccano possiamo ritrovare chi abbiamo perso

  1. Maria Chiara dice:

    che dire, i tuoi racconti sono sempre colmi di magia…………grazie per condividerli.
    spero di avere la possibilità di incontrarti un giorno o l’altro per sentirti raccontare qualcosa ed esserne ancora più ammagicata (questa parola non eiste, mi è venuta così, d’istinto….)

  2. rita dice:

    fantastico racconto e foto splendide! notte

  3. Mara dice:

    Foto stupende dove ti ci perdi dentro,ma questo è solo una conferma in piu’ della tua bravura,e il tuo racconto che dire!!! ce le fa vivere come fossimo stati lì con te…

  4. paola dice:

    sei bravo cugì davvero bravo…non c’è altro da dire!

  5. Fabio dice:

    Grazie Cuginetta!

  6. Fabio dice:

    Grazie Mara…a proposito sei brava anche tu sah!? Sei una grande soddisfazione!

  7. Fabio dice:

    Grazie Amica mia! …in ritardo…notte!

  8. Fabio dice:

    Grazie Chiara,…ammagicata…mi piace! Molto romana come parola! 🙂

  9. Rob dice:

    Splendido, divertente, emozionante, sognante e stimolante.. Gli aggettivi che mi vengono in mente leggendo il tuo racconto

  10. Verena dice:

    Che dire… Come sempre catturi la mia attenzione ed ogni volta spero di non essere arrivata alla fine del racconto per poter leggere e leggere ancora. Come ben sai la tua foto preferita di questo viaggio è anche la mia ❤️ Grazie per i tuoi racconti

  11. Fabio dice:

    Grazie Very. Mi ricordo che ti piaceva quella foto. Mi fai sempre bellissimi complimenti…speriamo di meritarli sempre! <3

  12. Fabio dice:

    Grazie Rob! Troppo buono…aspettando di fotografare insieme…

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